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I racconti di p. Jack

Le porte di Palermo

La Sicilia, calcolato approssimativamente, ha ricevuto circa venti differenti invasioni nei suoi migliaia di anni di storia. Con i suoi 2800 anni documentati dall’archeologia, Palermo è piena di sedimentazioni di popoli perché tutti hanno lasciato tracce indelebili in parole, consuetudini, edifici. Certo sono più evidenti le tracce riscoperte degli ultimi 500 anni: medievale nella struttura ma vivace, con commerci internazionali, con una popolazione complessa.

A. Chirco, che ci aiuterà con i suoi libri sulla città, cosi sintetizza la situazione: “Terremoti, inondazioni, sventramenti urbanistici, guerra con bombardamenti disastrosi, l’incuria, la cattiva gestione del patrimonio edilizio…”. L’autrice vede ormai una svolta con una situazione in miglioramento. Grandi passi hanno fatto, ad esempio, la ricerca archeologica e una nuova cultura del bene artistico e storico che negli ultimi anni hanno prodotto novità sostanziali rispetto a descrizioni lasciateci dagli storici ancora nei primi decenni, ma anche negli ultimi del XX secolo.

Le Porte di Palermo Porta Sant'Agata
Porta Sant’Agata, prospetto piazza del Carminello

Cominciamo da una lapide posta su una torre che non c’è più, quella che affiancava la Porta di Mare, perché demolita nel 1570. La lapide era di probabile epoca musulmana. Secondo gli studiosi ne veniva fuori che Palermo era di origine aramaica, fondata da Noè e di 1318 anni prima di Roma! Solo un secolo fa si accertò che la città fu fondata circa 28 secoli fa da coloni probabilmente fenici. Giaceva su un pianoro tra il Papireto e il Kemonia che formavano i due bracci del porto. Ora vi sorge S. Maria della Catena, altri sostenevano alla Kalsa.

Ma tutti noi o quasi, crediamo che Papireto derivi dal “papiro”: sembra invece che deriva da Bab, in arabo باب, “porta”, e da Rota che vuol dire “giardino”, e quindi diventa “porta dei giardini o orti”. Lo stesso vale per Kemonia che in arabo significa “piccolo fiume” e si chiamava in siciliano Cannizzaro, che non centra con maltempo… Secondo altri verrebbe dal greco “inverno”.

Palazzo Butera da Porta Felice
Le Porte di Palermo Porta Nuova
Porta Nuova
Le Porte di Palermo Porta Felice
Porta Felice

A dire il vero, volevamo trattenerci sulle porte della città. Con i tanti e successivi pretendenti della Sicilia e di Palermo ne seguono le numerose porte e archi che firmano con il loro sigillo la presenza: basta pensare alla Porta Felice e alla Porta Nuova. Dopo le chiese e i palazzi dei nobili, le porte si posizionano al terzo posto della classifica per numero di presenze effettive, senza contare quelle distrutte bellamente in nome del progresso, della civiltà e della speculazione edilizia.

Una tra le più sconosciute è la Porta di ferro, La Bab al-hadid, ora inglobata nel perimetro dell’Università di Legge e della precedente chiesa e monastero dei teatini. Essa dava l’accesso, con un ponte levatoio, al quartiere degli ebrei che nel 1492 furono espulsi dal Regno di Spagna di Isabella e Ferdinando (su insistenza del Torquemada l’inquisitore). Questa porta permetteva di superare il torrente Kemonia che quando esondava faceva disastri. Le cronache (forse esagerando) scrivono di quattromila morti e mille case distrutte nel 1560 circa.

Un altro scempio di adeguamento al progresso che avanzò senza pietà fu “l’adeguamento al suolo” del termine della via dei Benedettini, era il 1885 circa. Erano le mura del 1569 e c’era la Porta di Montalto, “porta in bizzarro stile manieristico con bugne a diamante ed alto fastigio barocco”, dice la pregevole guida rossa di G. Bellafiore.

Ma stiamo andando troppo avanti, se ce lo concederanno potremo farne un altro pezzo.