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I racconti di p. Jack

Capitolo XX – Magione

Il contesto 

I palermitani hanno i loro “nomi” per i “loro posti”, è un sano modo per resistere agli invasori. Al turista che arriva e pronuncia quelli ufficiali non danno molta attenzione.

Il nostro monumento si chiama ufficialmente la chiesa della ss. Trinità, ma pochi lo sanno, è la Magione. C’è in città un’altra chiesa che il doppio nome, Casaprofessa, si chiamerebbe S. Maria della grotta pochissimi lo sanno. Anche il Cassaro si dovrebbe chiamare Corso Vittorio Emanuele, quasi nessuno conosce Piazza Vigliena e tutti sanno dove sono i Quattro Canti, così come Piazza Pretoria è “della Vergogna”. Camuffati in forma italiana ci sono decine di luoghi che a grattarli fanno riscoprire origini arabe, ebree greche, spagnole. Gli ultimi invasori l’hanno riempita di: Garibaldi, Mazzini, Cavour, Roma, Indipendenza, Lazio… Meno male che c’è la Magione.

L’ubicazione della Magione

Come quasi tutti i quartieri fuori le antiche mura del Cassaro, anche il luogo dove fu costruita la Chiesa fu strappato alle paludi, al mare e ai fiumi. Gli arabi cominciarono a urbanizzarlo, il sito della Magione, e a coltivarlo ma più persistente il ricordo lo ha lasciato il periodo normanno. Il toponimo arabo era harat al-gadila (quartiere nuovo), la zona della Kalsa, posto di vie con mercati dedicati, tipo via Calderai o Lattarini. Si vendevano terraglie, calzature, vestiti, attrezzi per l’agricoltura, il quartiere si chiamava Hartigilie, quartiere nuovo. Qui rimane compresa la nostra Magione: ora ha dietro l’abside i resti della casa di Falcone, davanti il dormitorio femminile del progetto Speranza e Carità e a pochi passi lo Spasimo.

La storia della struttura

La chiesa della Magione fu fondata nel 1191 circa, poco dopo la costruzione della cattedrale, uno degli ultimi prodotti dell’architettura siciliana di ascendenza fatimita.

La fondò Matteo D’Aiello, cancelliere dei re normanni. Fu affidata ai cistercensi1. Poco dopo la chiesa fu concessa ai cavalieri Teutonici (ordine religioso militare fondato da pellegrini tedeschi in Palestina nel 1191). La chiesa e il convento della ss. Trinità divennero la sede del precettore generale dell’Ordine che a quel tempo di chiamava mansio, ecco il perché del nostro nome, che vuol dire casa (dei Templari).

Col decadere dell’egemonia imperiale decadde anche l’Ordine teutonico e nel 1492 la Magione divenne “Commenda” per due secoli. Dal 1787 fu appannaggio dei re Borboni, loro diretto patronato. Molte furono le manomissioni, la più importante fu la doppia loggia neoclassica del prospetto, che un secolo fa fu drasticamente eliminata. L’ultimo affronto lo subì dai bombardamenti americani del ’43.

Gli esterni della Chiesa della Magione

I volumi delle superfici esterne sono ben riquadrati da rettilinee cornici, il corpo centrale esprime autonomia ed eminenza; le absidi, il cui motivo è appena sottolineato, hanno le arcate col tipico motivo dell’architettura della tarda età normanna. La facciata, molto restaurata in alto, ha tre splendidi portali su cui le bugne a guanciale offrono un intenso motivo decorativo.

L’interno

L’interno alto e slanciato è un invito ad alzare gli occhi e il cuore con le sue svelte arcate ogivali. Manca ormai la copertura lignea originaria, dipinta con motivi islamici. Nel pavimento rimangono alcune tombe dei cavalieri teutonici a montare la guardia. Le opere d’arte discretamente seminate ai lati son quasi tutte del sedicesimo secolo. Non ci sono sorprese ma invito ad alzare lo sguardo.

Il chiostro

A sinistra della chiesa c’è un piccolo chiostro sul modello di Monreale. Importantissima la vera del pozzo: sembra sia quella della sinagoga arrivata qui dopo lo spoglio. Il bordo è in ebraico.

Di recente hanno condotto dei sondaggi qualche metro sottoterra e sembra che ci siano altre strutture religiose.

Note

1 Ramificazione dell’ordine benedettino fondata da S Bernardo nel 1098 in Borgogna a Citeaux. Riguardo a S. Bernardo, ricordiamoci che fu un grande promotore della prima Crociata e che Federico “stupor mundi” ma anche chiamato dal papa “anticristo”, quando morì, volle indossare il loro abito.

Bibliografia

Fernando Maurici, Palermo Normanna, Kalós Edizioni d’arte
Giuseppe Bellafiore, Palermo Guida della città e dei dintorni, Susanna Bellafiore Editore


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