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I racconti di p. Jack

Capitolo XXIV – Palazzo Reale

Parte Prima

La piana del Palazzo

Sostiamo sulla piana su cui sorge il Palazzo Reale. Questo spazio, pelato da secoli di paura, era Paleopoli, già abitato in età punica. È il centro della città antica. Era molto più vicina al mare, al bordo di una conca fertile, ben irrigata, con clima felice, ferace. Qui, sotto questa leggera altura, approdavano i primi naviganti, i primi coloni, aiutati nell’approdo dai molti fiumi che lo lambivano, in particolare il Papireto e il Kemonia, ormai da secoli colmati (ironia delle civiltà ora per noi sono fonte di guai).

Forse il nome della città di Palermo è originato da questo toponimo, “porto sicuro, tutto porto”. Qui, sul culmine di questa isoletta, circa 28 secoli fa cominciò la colonizzazione di fenici e cartaginesi. Ma già c’erano arrivati altri popoli: sicani, cretesi, elimi.

La genesi di Palazzo Reale

La struttura attuale era già imbastita nel VI secolo davanti all’attuale zona del palazzo reale. Il resto dell’isoletta era separata da un muro divisorio: Neapoli. Passarono i romani, poi i bizantini e quindi i musulmani che la conquistarono nell’831 e ci rimasero per 250 anni ca., quando arrivarono i normanni. Ma ormai il meglio era fatto, nonostante il piccone dei nuovi arrivati, la città era splendida in commerci, industrie e cultura! Qui, nel 1130, Ruggero si trova ad avere un regno ben governato. Qui, in questa splendida città fatimita, decide di costruire il palazzo con vastissimo parco, questo spazio, ora spianato dalla paura, dal cemento, dai parcheggi, ha ora una sola fontanella! In esso c’erano palazzi e luoghi di diletto, da luogo di residenza degli emiri, ora ci si comunicava in quattro idiomi, c’erano letterati, scienziati, dottori, matematici e seterie.

Attraverso gli occhi di Ibn Jubayr

Siamo alle porte di Balarm, narra Ibn Jubayr nel 1184, un viaggiatore musulmano di ritorno dalla Mecca. Naufrago, si trova a Messina ed è sua intenzione ritornare nel Maghreb (Andalusia) ma vuole visitare Balarm:

…una volta arrivati ne fummo impediti e ci condussero alla porta contigua ai palazzi del re franco – Dio liberi i musulmani dall’averlo come sovrano – per essere interrogati… come è consuetudine. Attraversammo porte e cortili regali, contemplammo alti palazzi, giardini armoniosamente disposti… Uno spettacolo che ci abbagliò la vista e ci confuse la mente… e di quanto vedemmo ci colpì di più una enorme sala situata in un’ampia corte circondata di giardini, fiancheggiata da un portico. La sala comprendeva l’intera lunghezza della corte e restammo colmi di meraviglia a guardare la sua estensione e l’altezza dei suoi belvedere… Per uscire dal palazzo percorremmo una galleria coperta ad esso adiacente dove camminammo a lungo, trovandoci in fine di fronte a una grande chiesa (la Cattedrale attuale)”.

Con i Normanni e gli Svevi tutto questo fini! Il palazzo si arroccò, la “piana” divenne luogo di sommosse, di feste e di condanne a morte, di fuochi, auto da fé e di banchetti… quando un viceré decise di radere tutto al suolo.

La piana delle delizie

Proviamo ora a farci una passeggiata salendo dal Cassaro (che in realtà sarebbe il nome arabo del palazzo e probabilmente è una parola araba di origine latina, Castrum – accampamento). Nella pur ampia piazza c’è il più grande parcheggio della città, con macchine, moto e bici anche sui marciapiedi, con sbarre che impediscono il passeggio: sono per i poliziotti, carabinieri e questurini, forse… Di lato c’è il “parcheggio” per i cani con una serie di regolamenti che nessuno legge. Vicino c’è un parco archeologico perennemente chiuso e incolto, che sarebbe bene coprire pudicamente anche per preservarlo dal degrado. Più in alto c’è il monumento di due Filippo (IV e V a… discrezione) anch’esso incolto, abbandonato e sporco. Più che una piazza, la piana delle delizie, oltre a parcheggio, sembra un circuito di go-kart con ampie e inutili strade al posto del prato e delle piante.

Per concludere sulla piana del palazzo, si può dire che noi camminiamo su duemila anni di storia, inconsapevoli delle meraviglie che calpestiamo e… senza neppure goderci del piacere di passeggiare in un giardino… e poi, tra vittoria, indipendenza, Emanuele, reale, non sarebbe ora di dargli qualche nome normanno o svevo o arabo o siciliano? Sono loro che l’hanno resa capitale nel 1130, non i Savoia, né Garibaldi.

Bibliografia

BELLAFIORE G., Palermo Guida della città e dei dintorni, Susanna Bellafiore Editore
IBN JUBAYR, Viaggio in Sicilia, Piccola Biblioteca Adelphi, 780


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